La Merica di Adriana Dadà

La Merica

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Adriana Dadà, “La Merica”Bagnone, Toscana - California, U.S.A..

Donne e uomini che vanno e che restano

Il volume ricostruisce, con documenti, foto, lettere e testimonianze orali la storia di tre famiglie di Bagnone, fra loro imparentate, spostatesi con alcuni loro componenti, a partire dall'inizio del Novecento, in California.Nel marzo 1907 Carmela Luigi parte da un piccolo paese della Lunigiana, Bagnone, con altri “paesani”, raggiunge in treno Genova e di lì, con un lungo viaggio, Le Havre. Il 15 marzo si imbarca per New York, dove giunge dopo solo sei giorni. Ma il viaggio non è finito, è solo a metà: quasi sicuramente in treno attraversa tutti gli Stati Uniti, fino alla California, dove raggiunge una località di nome Weed. Weed esiste da pochi anni, è stata fondata nel 1897 da Abner Weed, il proprietario di un'ampia area boschiva, uno dei baroni del legname, che la sta intensamente sfruttando soprattutto per le grandi foreste del monte Shasta, che vengono tagliate e trasformate nel legname importante per le costruzioni delle infrastrutture e delle case della company town, oltre che per il commercio fuori dell'area.Ad attendere Carmela c'è il suo fidanzato, con un gruppo di compaesani giunti da alcuni anni; Carmela sarà la seconda donna giunta in quel paese, dopo la moglie del signor Weed,e qui trascorrerà tutta la vita fino ai cento anni passati, allevando i sette figli, e svolgendo con temporaneamente l'attività di boarding house, come pensionante di un 'ampia schiera di uomini senza famiglia che lavorano nella zona, ospitandoli nella sua casa, accudendoli sia dal punto di vista alimentare che della pulizia personale.Siamo quindi di fronte a un caso particolare di migrazione, fra le meno documentate; non si tratta infatti della vita nei settlements delle città della costa Est e del Centro degli Stati Uniti, dove prevalentemente si stanziano gli italiani, ma di quella di italiani realmente pionieri in un'area, quella della California del Nord che ha visto già cercatori d'oro, genovesi a San Francisco, pescatori del Sud d'Italia nelle flotte della Costa di San Francisco, oltre al flusso consistente di cinesi, che dalla fine dell'Ottocento si cercherà di limitare con leggi immigratorie restrittive.I primi tempi di Carmela e del gruppo di tre famiglie che sono state seguite in questa ricerca (Bernabovi, Barbieri, Luigi) saranno stati senz'altro duri, talvolta durissimi, fatti solo di lavoro, di crescita dei figli, soprattutto nel periodo della depressione seguita alla crisi del 1929, che renderà più difficile anche la vita di questa fascia di lavoratori immigrati. Accanto, attorno a lei, si va formando una società fatta di migranti di varia nazionalità, anche se la sua vita scorrerà soprattutto attraverso i rapporti con i paesani, molti dei quali parenti, poiché i tre gruppi familiari emigrati da Bagnone per quella zona sono legati da vincoli di parentela, oppure sono conterranei, tutti provenienti da quella terra, la Lunigiana, i cui abitanti hanno fatto un lungo “apprendistato per le migrazioni transoceaniche”, prima di arrivare negli Stati Uniti.Seguire una buona parte delle vicende della vita di Carmela e di altri componenti delle tre famiglie collegate da parentela, è stato facile poiché il cugino di suo marito, Giuseppe Barbieri, emigrato anche lui nel 1908 per la stessa zona, ha fatto parte di quel gruppo di lunigianesitrasferitisi verso le città vicine, Sacramento e San Francisco, per lavorare prevalentemente nel settore della ristorazione. Giuseppe Barbieri, come vedremo, si era infatti inserito come cameriere in un grande hotel, aveva iniziato il processo di naturalizzazione, cioè di acquisizione della cittadinanza, ma nel 1921 era stato costretto al rientro in Italia, forse a causa delle leggi restrittive sull'immigrazione e delle persecuzioni antitaliane che caratterizzano quel periodo, all'interno del quale nascerà infatti il caso degli anarchici Sacco e Vanzetti, condannati ingiustamente alla sedia elettrica e recentemente riabilitati.Il suo rientro, accompagnato da tanta nostalgia per quel mondo, lo ha portato a vivere col cuore, anche se non più migrante, su due sponde - Bagnone e California -, intessendo un fitto scambio di lettere e cartoline con il resto della famiglia e con conterranei rimasti in California. Il ricordo positivo di quell'esperienza lo ha reso un “custode della memoria”, un attento e scrupoloso raccoglitore dei materiali fotografici, cartacei, oggetti d'uso del suo periodo americano e perfino la valigia con cui ha viaggiato al ritorno, piena di depliants e ricordi di quella terra.Il deposito di questo archivio familiare nel Museo Archivio della Memoria del Comune di Bagnone ci ha fornito quindi un corpus di documenti che ha facilitato la ricerca su questo gruppo partito da un piccolo paese della Toscana, emigrato in un'area di pionieri, la California dell'inizio del Novecento. In California d'altronde, alcune istituzioni e musei ci hanno fornito una ricca documentazione fotografica, ricostruzioni storiche dell'area, attraverso le quali abbiamo intrecciato altre fonti archivistiche e memorie di discendenti di quei migranti.Siamo all'interno di una storia di “pionieri” perché la cittadina in cui risiedono - alcuni stabilmente, altri per il periodo iniziale -è sorta da poco e la maggior parte della popolazione vive in baracche, campi sparsi nelle montagne dove le grandi compagnie stanno sfruttando la produzione di legname. La maggior parte degli abitanti sono quindi uomini; l'arrivo di Carmela, porta interessanti novità in quella comunità; Carmela, infatti, come molte donne di ieri e di oggi che fanno parte di flussi migratori, svolge il lavoro di boarding house, per la schiera di uomini soli che vivono nell'area,lava, stira, rifà i letti, fa sentire “aria di casa” con gli odori dei cibi che prepara, a partire dal pane cotto nel forno a legna che viene subito costruito.Gli studi sulla storia delle donne migranti negli Stati Uniti sono ormai numerosi, ma tutti prevalentemente su donne di città, integrate attraverso il lavoro a domicilio nella prima generazione e attraverso quello in fabbrica soprattutto a partire dalla seconda. Mentre manca la storia delle donne che alle famiglie migranti hanno dato un contributo più “invisibile”, fra le mura di casa, con i tradizionali compiti di allevare i figli, accudire il marito, e, contemporaneamente, prendersi cura di una serie di parenti e compaesani soli, fungendo quindi da centro di una nuova comunità di conterranei che è funzionale al progetto migratorio sia economicamente – con i risparmi di scala che questa scelta realizza - sia dal punto di vista delle possibilità di creare reti migratorie e relazioni umane, che sono indispensabili per reggere un distacco spesso lungo e doloroso dalla famiglia e dall'area di provenienza.I materiali che compongonoquesta storia di individui, di famiglie trapiantate in California, ma legate alla realtà e alle persone della zona di partenza, hanno assunto in questo volume un doppio valore; innanzitutto ci hanno permesso la ricostruzione di una parte della storia dell'immigrazione negli Stati Uniti ancora poco conosciuta, quella delle aree montuose e rurali dell'Ovest, ma soprattutto la ricostruzione della “vita quotidiana” di molti uomini e donne che hanno partecipato a quell'esperienza, le cui tracce sono estremamente labili.La parte dedicata alla documentazione fotografica, non ha solo la funzione tradizionale di album ricordo della storia narrata, ma in molti casi, si vedrà, le foto assumono lo status di vero e proprio materiale documentario, da contestualizzare, leggere attentamente come ogni altro documento e ci permettono di documentare molti aspetti sia sociali che personali di vita che sarebbe con altre fonti irraggiungibili.

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Estratto dal libro "La Merica" di A.Dadà La mostra "La Merica" - pannello1 La mostra "La Merica" - pannello2 La mostra "La Merica" - pannello3 La mostra "La Merica" - pannello4 La mostra "La Merica" - pannello5 La mostra "La Merica" - pannello6 La mostra "La Merica" - pannello7 depliant "Palazzi Aperti"

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